giovedì 21 aprile 2011

Capitolo 17 - Il pescatore

Capitolo 17
Il pescatore
 A qualche lega dal castello di Arbogad, si ritrovò sul bordo di un piccolo ruscello, sempre rammaricandosi del proprio destino e considerandosi un esempio di infelicità.
Vide un pescatore sdraiato sulla riva, che teneva appena con mano debole la sua rete, come sul punto di abbandonarla, ed alzava gli occhi al cielo.
“Sono certamente il più infelice tra tutti gli uomini”, diceva il pescatore,”Sono stato, per ammissione di tutti, il più celebre mercante di formaggi alla crema di Babilonia, e sono caduto in rovina. Avevo la moglie più bella che si potesse avere, e mi ha tradito. Mi era rimasta una misera casetta, e l’ho vista saccheggiata e distrutta. Rifugiato in una capanna, non ho altre risorse che la pesca, e non prendo neanche un pesce. O rete mia! Non ti getterò più nell’acqua, ora tocca a me gettarmi”. E nel dire queste parole si alza ed avanza con l’atteggiamento di un uomo che stava per buttarsi e mettere fine alla sua vita.
“Come sarebbe” disse tra sé e sé Zadig,”ci sono dunque uomini infelici quanto me!”
L’impulso di salvare la vita al pescatore fu immediato quanto quella considerazione.
Si precipitò da lui, lo fermò, lo interrogò con fare tenero ed incoraggiante.
Sembra che ci si senta meno infelici quando non si è soli: ma, secondo Zoroastro, non è per cattiveria, bensì per bisogno. Ci si sente allora trasportati verso uno sfortunato come verso un nostro simile.
La gioia di un uomo felice sarebbe un insulto; ma due infelici sono come due deboli alberelli che, appoggiandosi l’uno all’altro, si fanno forza contro il temporale.
“Perché vi arrendete alle vostre disgrazie?” disse Zadig al pescatore.
“Perché” rispose quello”non vedo più alcuna possibilità. Ero il più stimato del villaggio di Derlback, vicino Babilonia, e fabbricavo, con l’aiuto di mia moglie, i migliori formaggi alla crema dell’impero. La regina Astarte ed il famoso ministro Zadig li amavano appassionatamente. Avevo fornito alle loro case seicento formaggi. Mi recai un giorno in città per essere pagato; giunto a Babilonia venni a sapere che la regina e Zadig erano scomparsi. Corsi fino alla casa del nobile Zadig, che non avevo mai visto e vi trovai gli arcieri del Gran Desterham, che, provvisti di un mandato reale, saccheggiavano la sua casa con lealtà ed ordinatamente. Volai alle cucine della regina; alcuni dei signori della bocca mi disse che era morta; altri dissero che era in prigione; altri pretendevano che fosse fuggita; ma tutti mi assicurarono che non mi avrebbero pagato i miei formaggi.
Mi recai, dunque, con mia moglie, dal nobile Orcan, che era uno dei miei clienti abituali: implorammo la sua protezione in una tale disgrazia. Egli l’accordò a mia moglie ma la rifiutò a me. Lei era più candida di quei formaggi alla crema che avevano dato inizio alla mia sventura e lo splendore della porpora di Tiro non era più brillante dell’incarnato che animava il suo candore. Questo fece sì che Orcan trattenesse lei e cacciasse invece me dalla sua abitazione.
Scrissi allora alla mia amata moglie la lettera di un disperato. Lei disse al messaggero: - Ah, ah! Si! So chi è l’uomo che mi ha scritto, ne ho sentito parlare: dicono che faccia degli eccellenti formaggi alla crema; portatemene pure, e che gli siano pagati. – Nella mia disgrazia decisi di rivolgermi alla Giustizia.
Mi rimanevano sei once d’oro:  ne dovetti dare due all’uomo di legge che consultai, due al procuratore che si fece carico del mio affare,
due al segretario del primo giudice.
Fatto tutto ciò, il mio processo non era ancora cominciato ed avevo già speso più denaro di quanto non valessero i miei formaggi e mia moglie. Feci ritorno al mio villaggio con l’intenzione di vendere la mia casa per riavere mia moglie.
La mia casa valeva almeno sessanta once d’oro, ma ero povero e costretto a vendere. Il primo a cui mi rivolsi mi offrì trenta once d’oro; il secondo venti ed il terzo dieci. Ero infine pronto a concludere, tanto ero accecato, quando un principe d’Ircania giunse a Babilonia e distrusse tutto sul suo passaggio. La mia casa fu dapprima saccheggiata e quindi data alle fiamme.
Perduti così denaro e moglie, mi ritirai in questo paese dove ora mi vedete; ho cercato di sopravvivere facendo il pescatore. I pesci si prendono gioco di me come gli uomini; non prendo nulla, muoio di fame e senza di voi, mio nobile consolatore, sarei morto nel fiume.”
Il pescatore non fece questo discorso tutto di seguito, poiché in ogni momento Zadig, attonito ed impaziente, gli diceva: “Ma allora! non sapete nulla della sorte della regina?” “No Signore”, rispondeva il pescatore, “ma so che la regina e Zadig non hanno pagato i miei formaggi alla crema, che hanno preso mia moglie e che sono alla disperazione”. “Sono certo”, disse Zadig, ”che non perderete tutto il vostro denaro. Ho sentito parlare di questo Zadig: è un uomo onesto, e se ritornerà a Babilonia come spera, vi darà più di quanto vi deve; ma per quanto riguarda vostra moglie, che non è altrettanto onesta, vi consiglio di non tentare di riaverla. Datemi retta, andate a Babilonia; vi giungerò prima di voi, poiché io sono a cavallo e voi a piedi.  Recatevi dall’illustre Cador; ditegli che avete incontrato un suo amico ed aspettatemi presso di lui, andate; forse non sarete infelice per sempre. O potente Orosmade!”, continuò, ”vi servite di me per consolare quest’uomo; di chi vi servirete per consolare me?”
E così dicendo, diede al pescatore metà del denaro che aveva portato dall’Arabia, ed il pescatore, confuso ed estasiato, baciava i piedi dell’amico di Cador e diceva: “Voi siete un angelo salvatore.”
Tuttavia Zadig continuava a chiedere notizie ed a versare lacrime.
“Ma come signore!” esclamò il pescatore,”voi sareste così infelice, proprio voi che fate del bene?”
“Cento volte più infelice di te”, rispose Zadig.
“Ma come può essere che colui che deona sia più da compiangere di colui che riceve?”
“Il fatto è che la tua maggiore disgrazia”, rispose Zadig, “è la miseria, mentre io sono ferito nel cuore.”
“Orcan si è forse preso vostra moglie?” disse il pescatore.
Queste parole richiamarono alla mente di Zadig tutte le sue avventure; ripeteva la lista delle sue disgrazie, a cominciare dalla cagna della regina fino al suo arrivo nel covo del brigante Arbogad.
“Ah!” disse al pescatore, “Orcan merita di essere punito. Ma normalmente è proprio quel tipo di gente che è favorito dalla fortuna. Comunque sia vai dal nobile Cador ed aspettami.” Si separarono, il pescatore in marcia ringraziando per il proprio destino e Zadig al galoppo maledicendo il suo.

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