lunedì 18 aprile 2011

Capitolo 12 - La Cena

Capitolo 12
 La cena
Setoc, che non poteva separarsi da quest’uomo in cui albergava la saggezza, lo condusse alla grande fiera di Bassora, dove si sarebbero radunati i più grandi mercanti del mondo abitato.
Fu un grande conforto per Zadig vedere così tanti uomini di diverse contrade riuniti nello stesso luogo. Gli sembrò che l’universo fosse una grande famiglia che si riuniva a Bassora.
Il secondo giorno si ritrovò a tavola con un egiziano, un indiano del Gange, un abitante del Catai, un Greco, un Celtico e molti altri forestieri che, nei loro frequenti viaggi verso il Golfo Arabico, avevano appreso l’arabo abbastanza per farsi capire.
L’egiziano appariva estremamente adirato. “Che luogo abominevole è Bassora!” diceva, “mi rifiutano mille once d’oro a fronte della migliore garanzia della terra!”.
“Come sarebbe”, disse Setoc, “su quale pegno  vi è stata rifiutata una tale somma?”
“Sul cadavere di mia zia” rispose l’egiziano, “era la donna più coraggiosa d’Egitto. Mi accompagnava sempre; è morta lungo il cammino e ne ho fatto una delle mummie più belle che abbiamo ed io nel mio paese otterrei qualsiasi cifra dandola in pegno. È molto strano che qui non mi vogliano accordare la miseria di mille once d’oro a fronte di una tale garanzia.” Tutto contrariato si apprestava a mangiare delle eccellenti polpette di pollo quando l’indiano, prendendogli la mano, esclamò dispiaciuto: “Ah! Che vorreste fare? Mangiare di questo pollo?” disse l’uomo accennando alla mummia.
“Guardatevene bene” disse l’uomo del Gange” l’anima della defunta potrebbe essere passata nel corpo di questo pollo e voi non vorrete certo rischiare di mangiare vostra zia. Far cuocere dei polli è manifestamente un oltraggio alla natura.”
“Che intendete dire con la vostra natura ed i vostri polli?” rispose il collerico egiziano, “noi adoriamo una mucca e però ne mangiamo lo stesso”. “Voi adorate una mucca? Possibile?” disse l’uomo del Gange. “Non vi è niente di più possibile”, riprese quell’altro, “sono centotrentacinquemila anni che abbiamo quest’usanza e nessuno tra noi ha avuto da ridirne”. “Centotrentacinquemila anni dite!” osservò l’indiano, “questo conto mi sembra un poco esagerato. Sono solamente ottantamila anni che l’India è abitata e sicuramente noi siamo più antichi di voi; e Brama ci aveva vietato di mangiare le vacche, prima ancora che a voi venisse insegnato di immolarle su un altare o di farle allo spiedo.
“Che corbellerie andate raccontando sul vostro Brama per confrontarlo con Apis!” disse l’egiziano, “cosa avrebbe fatto di così bello il vostro Brama?”
Il bramino rispose: “E’ colui che ha insegnato agli uomini a leggere e scrivere ed al quale tutta la terra deve il giuoco degli scacchi”. “Vi state sbagliando”, disse un Caldeo che era vicino a lui, “è invece il pesce Oannes colui al quale si debbono tutti questi benefici ed è giusto che solamente a lui se ne renda merito. Tutti vi potranno dire che si trattava di un essere divino, che aveva la coda coperta d’oro e la testa di uomo e che usciva dall’acqua per venire a predicare sulla terraferma tre ore al giorno.
Ebbe molti figli che divennero tutti re, come è risaputo. A casa mia ho una sua immagine e la venero come prescritto. Si può mangiare manzo quanto si vuole ma è sicuramente una grande empietà far cuocere del pesce; d’altra parte voi siete entrambi di origine troppo poco nobile e troppo recente per potermi confutare in qualche modo.
La nazione egizia conta solamente centotrentacinquemila anni e gli indiani si attribuiscono solamente ottantamila anni, quando invece noi abbiamo degli almanacchi di  quattromila secoli. Date retta a me, rinunciate alle vostre assurdità ed io donerò a ciascuno di voi un bel ritratto di Oannes.”
L’uomo di Cambaluc, prendendo la parola disse: “Ho il massimo rispetto per gli Egiziani, i Caldei, i Greci, i Celti, Brama, il bue Apis, il bel pesce Oannes; ma forse il Li o anche, come vogliamo chiamarlo, il Tien, val bene i buoi ed i pesci. Io non dirò nulla del mio paese se non che è grande come l’Egitto, l’India e la Caldea messi insieme. E non mi metterò a gareggiare in antichità, giacché è sufficiente essere felici, mentre è ben poca cosa essere anziani; ma se dobbiamo parlare di annali ed almanacchi, ebbene vi dirò che tutta l’Asia prende a riferimento i nostri e che noi ne avevamo di esattissimi ben prima che in Caldea si conoscesse l’aritmetica”.
“Voi siete tutti dei grandissimi ignoranti per quanto lo possiate essere!” esclamò il greco:”non sapete dunque che è il Caos l’origine di tutte le cose e che la Forma e la Materia hanno fatto il mondo così come è?”.
Il greco continuò a parlare a lungo ma venne infine interrotto dal celtico che, avendo bevuto parecchio mentre gli altri discutevano, credeva di saperne di più di tutti gli altri e prese a giurare che non vi era altro che Teutath ed il vischio delle querce di cui valesse la pena parlare, e che lui portava sempre del vischio nella sua sacca; che gli Sciiti, suoi avi, erano le sole brave persone che fossero mai state al mondo; che, per la verità, avevano talvolta mangiato degli uomini, ma che ciò non doveva impedire che fosse portato il dovuto rispetto alla sua nazione e che, infine, se qualcuno avesse parlato male di Teutath, gliel’avrebbe fatta vedere lui.
La disputa si andava scaldando e Setoc vedeva già il momento in cui la tavola si sarebbe insanguinata. Infine Zadig, che si era mantenuto in silenzio durante tutta la discussione, si alzò in piedi: si rivolse dapprima al celtico, che era il più furioso; gli disse che aveva ragione e gli chiese del vischio; lodò quindi il greco per la sua eloquenza e placò tutti gli animi eccitati.
Disse poche parole all’uomo del Catai giacché era stato tra tutti il più ragionevole. Poi disse loro “Amici miei, stavate litigando inutilmente poiché siete tutti della medesima opinione.” A queste parole ripresero tutti ad urlare. “Non è forse vero” disse allora al celtico, “che voi non adorate questo vischio bensì colui che ha creato il vischio e la quercia?”
“Certamente” rispose il celtico.
“E voi signor egiziano, non adorate nelle fattezze di un bue colui che vi ha fatto dono dei buoi?”.
“Si” disse l’egiziano.
“Ed il pesce Oannes” continuò,  “non è forse inferiore a chi ha creato il mare e tutti pesci?”.
“Sono d’accordo” disse il caldeo
“Anche l’uomo del Gange e l’uomo del Catai riconoscono come voi un sommo principio; non ho ben capito tutte le cose ammirevoli che ha detto il greco, ma sono certo che anch’egli ammette che vi sia un Essere superiore, da cui dipendono sia Forma che Materia”.
Il greco, guardato con ammirazione, disse che Zadig aveva espresso molto bene il suo pensiero.
“Siete dunque tutti della medesima opinione” replicò Zadig “e non vi è motivo di litigare”.
Tutti lo abbracciarono.
Setoc, dopo aver venduto per un prezzo molto alto tutte le sue merci , ricondusse il suo amico Zadig alla tribù.
Zadig apprese all’arrivo che in sua assenza era stato processato e che sarebbe stato bruciato a fuoco lento.

Nessun commento: