lunedì 18 aprile 2011

Capitolo 14 - Il ballo

Capitolo 14
Il ballo
Setoc doveva recarsi per affari nell’isola di Serendib, ma il primo mese di matrimonio, che è, come noto, la luna di miele, non gli era permesso né di lasciare la moglie né di credere che l’avrebbe mai potuta lasciare: pregò quindi l’amico Zadig di fare questo viaggio al suo posto. “Ahimé!” si diceva Zadig, “bisogna dunque che metta una distanza ancora maggiore tra la bella Astarte e me? Eppure bisogna obbedire ai miei benefattori, disse e pianse; e partì.
Non passò molto tempo nell’isola di Serendib, senza che venisse considerato un uomo straordinario. Divenne l’arbitro di tutte le controversie tra i mercanti, amico dei sapienti, il consigliere di quelle poche persone che accettano consigli. Il re volle vederlo ed ascoltarlo. Ben presto si rese conto di quanto valeva Zadig: fece affidamento sulla sua saggezza e se lo fece amico.
La confidenza e la stima del re preoccuparono Zadig. Egli era notte e giorno tormentato dai malanni che gli aveva attirato la bontà di Moabdar. “Sono gradito al re”, si diceva, “sono dunque perduto?”. Nonostante ciò non poteva sottrarsi alle carezze di sua maestà; giacché bisogna ammettere che Nabussan, il re di Serendib, figlio di Nussanab, figlio di Nabassun, figlio di Sanbusna, era uno dei migliori principi di  tutta l’Asia e quando gli si parlava era difficile non amarlo.
Questo buon principe era continuamente lodato, ingannato e derubato: era il tipo da rapinare dei propri tesori. L’esattore generale dell’isola Serendib ne dava ininterrottamente l’esempio, seguito dagli altri. Il re lo sapeva; aveva cambiato più volte il tesoriere ma non aveva potuto cambiare l’abitudine che si era stabilità di spartire le entrate del re in due metà ineguali, delle quali la più piccola spettava sempre a sua maestà e la maggiore agli amministratori.
Il re Nabussan confidò la sua pena al saggio Zadig.
Voi che sapete tante belle cose, gli disse, non conoscereste per caso il sistema per farmi trovare un tesoriere che non mi derubi?
Certamente, rispose Zadig, conosco un modo infallibile per farvi trovare un uomo che abbia le mani pulite. Il re, estasiato, gli chiese, abbracciandolo, quale fosse questo sistema.
Non vi è altro modo, disse Zadig, che quello di far ballare tutti coloro che si presenteranno per la carica di tesoriere, e colui che danzerà con l’agilità maggiore sarà infallibilmente il più onesto di tutti.
Voi vi prendete gioco di me, disse il re;
ecco un modo ridicolo di scegliere l’esattore delle mie finanze! Ma come! Credete davvero che quello che farà la migliore piroetta sarà il finanziere più onesto e più capace!”
“Non vi assicuro che sia il più capace” rispose Zadig, “ma sono certo che sarà senza dubbio l’uomo più onesto”.
Zadig parlava con una tale sicurezza, che il re credette che egli avesse qualche segreto sovrannaturale per riconoscere i finanzieri.”
“Non amo il sovrannaturale” disse Zadig; le persone ed i libri magici non mi sono mai piaciuti: se vostra maestà vorrà lasciarmi fare la prova che gli propongo, si convincerà ben presto che il mio segreto è la cosa più semplice ed agevole.
Nel sentire che un tale segreto era semplice Nabussan, re di Serendib, si meravigliò ancor più che se gli avessero detto che era un miracolo.
“Orbene” disse, “fate come volete”.
“Lasciate fare a me” disse Zadig, “otterrete da questa prova più di quanto crediate”.
Quel giorno stesso fece pubblicare, in nome del re, che tutti coloro che aspiravano alla carica di alto esattore dei denari della sua graziosa maestà Nabussan, figlio di Nussanab, si sarebbero dovuti recare, vestiti di seta leggera, il primo della luna del Coccodrillo, nell’anticamera del re.
Si presentarono in sessantaquattro.
In un salone vicino erano stati fatti venire dei violinisti, tutto era pronto per il ballo ma la porta del salone era chiusa e bisognava per entrarvi, attraversare una piccola galleria molto buia. Un usciere veniva a chiamare e faceva entrare ogni candidato, uno dopo l’altro, in questo passaggio, nel quale veniva lasciato solo alcuni minuti.
Il re, che conduceva la cerimonia, aveva disposto tutti suoi tesori in questa galleria. Quando tutti i pretendenti furono giunti nel salone, sua maestà ordinò che fossero fatti ballare.
Mai danza fu più pesante e priva di grazia; essi avevano tutti la testa bassa, la schiena curva, le mani incollate ai fianchi. “Che furfanti” diceva a bassa voce Zadig. Uno solo tra di essi muoveva i suoi passi con agilità, la testa alta, lo sguardo sicuro, le braccia distese, il busto diritto, le caviglie salde. “Ah! L’uomo onesto! Il brav’uomo!” diceva Zadig. Il re abbracciò quel bravo ballerino, lo proclamò tesoriere e tutti gli altri furono puniti e tassati  secondo la migliore giustizia del mondo, poiché ciascuno di essi, mentre era rimasto nella galleria, si era riempito le tasche e poteva a malapena camminare. 
Il re se la prese con la natura umana, che tra sessantaquattro ballerini, ve ne fossero sessantatré disonesti.
La galleria oscura venne chiamata il corridoio della Tentazione. In Persia questi sessantatré signori sarebbero stati impalati, in altri paesi si sarebbe invece fatta riunire una corte di giustizia che avrebbe consumato per le spese il triplo del denaro rubato e che non avrebbe restituito nulla alle casse del sovrano; in un altro regno, sarebbero riusciti a pienamente a discolparsi ed avrebbero fatto cadere in disgrazia quel ballerino così agile: a Serendib invece vennero condannati ad aumentare il tesoro pubblico, poiché Nabussan era molto clemente.
Egli era anche molto riconoscente, regalò a Zadig una somma di danaro più elevata di qualsiasi cifra un tesoriere avesse mai sottratto al proprio re.
Zadig se ne servì per inviare dei messaggeri a Babilonia che avrebbero dovuto informarlo sulla sorte di Astarte.
La sua voce tremò nell’impartire tale ordine, il sangue gli corse nel cuore, gli occhi gli si riempirono  di tenebre, e l’anima era lì lì per abbandonarlo.
Il messo partì, Zadig lo guardò imbarcarsi e rientrò quindi dal re, senza vedere nessuno, pensando di trovarsi nella propria camera e pronunciando parole d’amore. “Ah l’amore!”, disse il re, “proprio di questo si tratta; avete indovinato cosa mi dà tanta pena. Voi che siete un così grand’uomo! Spero mi insegnerete a riconoscere una moglie a tutta prova, così come mi avete fatto trovare un tesoriere disinteressato”.
Zadig, ritornato in sé, promise di servirlo in amore come in finanza, sebbene la cose sembrasse ancor più difficile.

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